la mail che vi propongo è di qualche anno fa, ma leggendola vi accorgerete della sua spiazzante attualità....
Il laureato in archeologia non fa carriera
Caro Severgnini,
l'intervento del sig. Renato Bucci (16 ottobre), inserisce un doloroso dito in una piaga ancora troppo aperta per me, come per molti altri miei colleghi laureati in lettere con indirizzo archeologico: che sbocco lavorativo dare a una scelta formativa del genere?
Forse patetici, oggi, con le nostre trowel, i nostri bisturi e le nostre spazzoline, anche noi archeologi abbiamo sudato anni e anni (almeno sette) di università, sia sui libri (come tutti gli studenti universitari) che nei vari cantieri di scavo diretti un po' dovunque dai nostri professori. Abbiamo strappato con i denti l'assegnazione di un argomento di tesi (non è, infatti, così facile come sembrerebbe) e l'abbiamo sviluppato in almeno tre o quattro stesure successive, fino a raggiungere ciò che lo standard scientifico del nostro istituto prescriveva. Alla fine ci siamo laureati e/o specializzati, quasi tutti con voti alti (inspiegabili, li definiva giorni fa un altro lettore; in realtà sono gli unici voti che possiamo prendere: al di sotto non ci fanno laureare). Poi ci siamo trovati a uscire dalla facoltà con in mano una trowel (dono dei colleghi), un mazzo di fiori, la ricevuta del fotografo che ti ha fatto le foto da neo-dottore ed una raccomandazione: arrangiatevi. Di lì in poi molti di noi vivacchiano di cooperative (guide turistiche, campagne di schedatura, collaborazioni esterne negli scavi delle varie soprintendenze), di ripetizioni, di supplenze nelle scuole e di varie altre amenità, in attesa di concorsi di cui il Ministero BB.AA.CC. e le Università sono proverbialmente "stitici". La nostra ormai conclamata duttilità ci spinge senza alcuna riserva ad accettare tutto, (io, ad esempio, ho partecipato a ormai remoti concorsi da custode e guardia notturna, ben felice di avere almeno un'opportunità di entrare al Ministero, anche se non da funzionario). Certo tutti sognamo la tomba delle 10.000 Mummie Dorate ma poi se appena ci capita una tombetta a fossa da scavare o un articoletto (max 10 pagine) su Archeologia Classica ci sentiamo in dovere di accendere ceri a San Girolamo (nostro protettore).
Concludendo, le percentuali: - entra nelle Soprintendenze e nelle Università (o C.N.R.) l'1-2% del totale; - cerca di praticare la libera professione (senza Albo, ancora) un altro 25-30%; - dirotta verso la scuola pubblica (o, meglio, privata) un altro 25-30%.
Il resto o abbandona (data la stragrande maggioranza di donne, la carriera si infrange spesso nel matrimonio/cura dei figli), o si adatta a cose che non c'entrano niente con gli studi fatti (so che non siamo assolutamente gli unici, ma tant'è..).
Del resto ormai lo sanno tutti: siamo molto duttili...
Cordialità
Piero Poleggi,
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